Sulle orme di… Ann-Marie MacDonald

Mentre davanti ai miei occhi sfilano – in quest’ordine e a distanza di poche ore – le praterie canadesi e l’Ontario, tra foreste, laghi, baie soleggiate e bufere di neve, la famiglia McCarthy, sulle pagine del mio Kindle, si stabilisce nella stessa area, nella base della Royal Canadian Air Force di Centralia. I viali come sospesi nel tempo, i cavi dell’alta tensione, le villette dai colori vivaci, i corvi appollaiati sui fili sembrano uscire dalla pagina e proiettarsi fuori dal finestrino sporco del mio pullman, fermo in un villaggio semi-deserto che odora di erba tagliata e polvere, come nel riflesso di una realtà parallela.

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Foto scattate tutte nella stessa giornata (lo giuro!!)

Non serve passare 70 ore su un pullman attraverso il Canada centrale per venir risucchiati nelle atmosfere raccontate da Ann-Marie MacDonald in questo romanzo. The way the crow flies –  Come vola il corvo in italiano, edito da Mondadori e tradotto da Giovanna Granato – è un romanzo denso, profondo, crudo, introspettivo e poetico allo stesso tempo. Il realismo delle descrizioni è tale che a volte si ha l’istinto di distogliere lo sguardo dalla pagina, come se si stesse assistendo di nascosto a una scena a cui non si è stati invitati. È un romanzo che si legge tutto d’un fiato, ma che forse andrebbe riletto più volte per cogliere gli infiniti spunti di riflessione che offre. I temi controversi non mancano: abuso, guerra fredda, discriminazione, omicidio, politica, omosessualità, pregiudizio, religione, rapporto genitori-figli.

“I wanted to evoke, somehow, in a sort of way, the idea that we’re not alone, that our human perspective isn’t everything. And that was really what the title was about. You know, the way the crow flies is… we say that’s the most direct route, but the way the crows fly is that… the crows fly and they really notice what’s on the ground. When we fly, especially when we get to spaces like the moon or where we’re sending missiles… to destroy other people or the Earth, we’re not looking down, you know, we’re just looking at the target! So that was also on my mind” (Da un’intervista a Ann-Marie MacDonald)

2017-04-09 14.58.13-1La storia non ve la racconto, perché credo sia giusto lasciare al libro la prerogativa di sorprendere, deludere, far commuovere o sognare. Vi basti sapere che è ambientato per larga parte negli anni Sessanta e al centro della vicenda c’è l’omicidio di una bambina che sconvolgerà gli equilibri dei McCarthy, una sorta di versione canadese della famiglia del Mulino Bianco.

Per me che ho un debole per le bambine ribelli, il valore aggiunto di questo romanzo è il punto di vista: è la protagonista novenne Madeleine, infatti, che ci accompagna attraverso la vicenda, con l’acume e la consapevolezza di chi alla sua età ha visto e provato cose che farebbero capitolare anche un adulto, ma anche con quel pizzico di candore e tenerezza che la fanno rimanere bambina. Madeleine ha la forza di chi pensa con la propria testa e non ha paura di andare controcorrente, unita a una sensibilità dolcissima che la porta a fingere ingenuità per non ferire i suoi genitori o a colpevolizzarsi per voler più bene al suo Bugs Bunny di peluche che a Dio.

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“Immense fields, endless miles between towns, so much forest and scrub unspoken for, Crown lands, shaggy and free. Three days driving through geological eras, mile after mile and still Canada.” (The way the crow flies, p.19)

Prima di leggere questo libro non conoscevo Ann-Marie MacDonald, ma in tante cose ricorda la Madeleine della sua storia. È una donna all’apparenza severa, dotata di un umorismo pungente e sagace, che non ha problemi ad affrontare temi e realtà a volte scomode. Il suo Canada è un paese con le sue contraddizioni e i suoi cortocircuiti, pur nella sua bellezza, e lei riesce a sottolineare e far convivere entrambi gli aspetti in modo magistrale.

Mentre il pullman, all’alba del terzo giorno, si addentra finalmente tra le strade addormentate di Toronto, chiudo il Kindle con tanti pensieri… Abbiamo davvero il diritto di determinare il destino di una persona innocente perché “è il male minore”? Siamo davvero noi adulti a proteggere i bambini dagli orrori del mondo o sono loro a proteggere noi? Quanto sottovalutiamo la loro sensibilità e capacità di discernimento? Dire la verità paga sempre?

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[Okay, lo ammetto, ho anche pensato di andare a stalkerare l’autrice, che a Toronto ci vive, ma non sarebbe stata altrettanto poetica come conclusione].
Stalkeraggio a parte, se vi verrà voglia di leggere il libro, fatemi sapere cosa ne pensate nei commenti 🙂

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